BUCHI NERI Pillole di memoria di un già fascista
1. Il 18 politico nasce fascista Nel giugno del 1940 frequento lo “Studium Urbis” di Roma; primo anno di Giurisprudenza. Scoppia la guerra, e tutti vogliamo partire volontari, ma col "18" senza essere interrogati! Il professor Masci (Economia corporativa) "non ci sta", e provvediamo, lo confesso, con calci nel sedere! I termini per frequentare il corso Allievi Ufficiali sono scaduti, ma ce la faccio, mettendo in moto un gerarca fascista, padre di un compagno di scuola. Questo galantuomo, per sua sventura, divenne Capo della polizia, ed il 25 luglio 1943, stava nella camera a fianco del Gran Consiglio del Fascismo. Aveva già avvertito Mussolini dell'ordine del giorno "Grandi" ed intendeva procedere all'arresto dei congiurati. Mussolini aveva replicato ingiungendogli di non far nulla giacché "dovevano assumersi le loro responsabilità davanti al Paese". II Prefetto Renzo Chierici (questo il nome che pochissimi conoscono) verrà assassinato pochi mesi dopo la caduta del Fascismo. Ufficiale degli Alpini e decorato della Grande Guerra, fu per oltre 20 anni prefetto, comandante della milizia forestale e, come si è detto, capo della polizia, con ingenti fondi disponibili "ad libitum". Lasciò in eredità ai figli un appartamentino di due camere a Largo Porta Cavalleggeri. Alla fine del 1943 la figlia Mimma, ventenne, ebbe a dirmi: "Se non mi avessi portato queste valigie di pane e formaggio di pastori sardi, domani mi sarei prostituita per la fame!". È, questo, un modesto contributo al "luminoso nulla" che ci opprime dal 1943: "I gerarchi Fascisti erano tutti ladri!"
2. In guerra senza bussola Ho già detto, e ripeto, che moltissimi giovani, soprattutto universitari, allo scoppio della guerra chiesero di partire volontari, ritenendo, giustamente, che fossero in ballo i destini della Patria e non del Fascismo. A parte il "Diciotto" senza esame, ci riuscimmo solo i raccomandati, mentre "gli amici dei nostri nemici" boicottarono questa spinta rivoluzionaria. Il giorno di Pasqua del 1941, invadiamo la Iugoslavia, partendo da Pola. Comando un reparto motorizzato, ma sono provvisto solo di carte geografiche (non topografiche) per cui sbaglio percorso ed occupo un grosso centro: Knin. Dopo circa mezz’ora arriva un reparto tedesco ed il Comandante mi fa notare l'errore commesso. Chiedo scusa e vado via, ma la notizia dell'occupazione viene data dalla stampa. Ci riposiamo dalle non eccessive fatiche di questo fronte (Tito e i partigiani arriveranno dopo) al bel sole e con le graziose ragazze di Makarsca. Rientrati a Roma dopo qualche mese, ci viene comunicato che la nostra Divisione, la "Torino", è in partenza per la Russia. 3. Dagli Appennini agli Urali Proseguo, qui, il discorso sulla guerra "non sentita". Tutti gli ufficiali chiesero di partire per il nuovo fronte, e non si contarono i pianti e la disperazione di chi doveva essere escluso per la giovane età (ero il più giovane del Reggimento) o per altre ragioni. Riuscii ad imboccare la strada giusta ricorrendo alla solita raccomandazione e supplicando il tenente Paolo Barile, Aiutante maggiore de! Comandante del Reggimento. È lo stesso Barile che divenne, nel dopoguerra, eminente cattedratico e Ministro della Repubblica. Fu l'unico a non partire per la Russia, ed io ritenevo che la ragione stesse nel fatto che aveva vinto un concorso per la Magistratura, mentre la vedova, recentemente, ha chiarito che non partì per l'urgente ricovero all'ospedale di Trieste. Resta comunque incomprensibile il perché mentre non partivano per il fronte i volontari ventenni, venissero in Russia - ad esempio - Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del Futurismo, e l'ultracinquantenne Anton Germano Rossi, redattore del "Marc'Aurelio", e compilatore di note rubriche come "Parco qui porco là". Questi divenne Comandante del mio caposaldo Malo Orlowka, mentre i 47 sottozero non gli impedirono di tenerci di buon umore: quando cominciarono a piovere i razzi della Katiuscia russa mi diceva: "caro Bruno, quelli sono matti!, ma non lo sanno che potrebbero farci male!..." Bruno Bagedda |