Esiste ancora il Partito Sardo d’Azione? Per rispondere alla domanda dovremmo guardarci un po’ intorno. Pensiamo alla Scozia, o alla Catalogna, per esempio. Direte che sono realtà troppo diverse, che non si possono fare paragoni, che i popoli che quelle autonomie rivendicano, hanno ben altre energie. Bene, allora passiamo all’Italia, andiamo in Valle d’Aosta, o a Trento, e scopriamo che la connessione tra politica autonomista e partito identitario si tocca con mano. O vogliamo parlare della Lega, dell’identità ritrovata di un non ben definito popolo della Padania che storicamente non esiste, ma che ha saputo imporre la sua linea politica tutto il Paese? O ancora di un movimento autonomista siciliano che ha preso in mano la Regione e si avvia a condurla su un percorso di rivendicazioni e di riforme? E in Sardegna? In Sardegna tutti i partiti si sono proclamati autonomisti: la democrazia cristiana era autonomista, come autonomisti erano il partito comunista e il partito socialista, come autonomisti sono tutti i partiti che oggi siedono in Consiglio Regionale. Questa è stata la grande vittoria del Partito Sardo d’Azione: l’aver portato, cioè, tutti i partiti a dichiarare un generico autonomismo mentre imponevano alla Sardegna scelte di sviluppo e linee politiche assolutamente estranee alla realtà della nostra isola. Una vittoria di Pirro, che ha determinato il definitivo stato di sudditanza dei Sardisti rispetto ad una classe politica assolutamente omogenea al centralismo burocratico e partitocratico. Tutto ciò che è avvenuto in Sardegna, dalla petrolchimica in poi, è frutto dell’abdicazione politica dei Sardisti, che sono stati nell’amministrazione della Sardegna come questuanti alla ricerca di un ruolo istituzionale. Non ci meraviglia, dunque, vederli assistere indifferenti allo scippo del territorio, all’infiltrazione corrotta e criminogena dei partiti dentro gli enti locali e nella gestione del patrimonio pubblico. Abbiamo assistito alla loro indifferenza persino di fronte allo scippo del loro patrimonio culturale e politico, scippo mascherato da efficientismo e progressismo. Come è stato possibile che un signore, autoreferenziale quanto nessun altro, forse un po’ meno democratico persino dei vari Veltroni e Berlusconi, si sia inventato dall’oggi al domani un Progetto Sardegna, che altro non è, nell’immaginario collettivo, se non l’idea di affidare la Sardegna da sardi, di fare dei sardi gli imprenditori di se stessi, idee che sono state l’anima stessa del movimento sardista? Forse abbiamo assistito ad un duello all’ultimo sangue o all’espugnazione cruenta di una cittadella fortificata? Niente di tutto questo, non c’è stata nessuna prodezza, l’eroe non ha combattuto nessuna battaglia, ha semplicemente preso possesso di un campo già arato, sarchiato e seminato, che non era difeso nemmeno da uno spaventapasseri. Troppo presto i Sardisti sono caduti nella trappola delle alleanze e degli schieramenti politici. Centro destra e centrosinistra, arco costituzionale e arco autonomista. Non hanno fatto l’unica cosa che poteva garantire il loro trionfo, stare per sé e costringere gli altri ad averli come punto di riferimento obbligato. Perciò oggi la Sardegna è la meno autonoma delle regioni autonome e i partiti sardi sono meno autonomisti dei partiti delle regione autonome. Rispetto alla Lega, poi, sono puri ectoplasmi. Sono partiti di furbacchioni o di fifoni, che temono persino l’ombra di se stessi, che non sono disposti a rischiar nulla per rivendicare i diritti della gente di Sardegna e spacciano per grandi vittorie il conseguimento del minimo garantito dalle leggi vigenti. La Sardegna non è rappresentata al Parlamento Europeo e nel governo di Roma ci sta fin quando ministri e sottosegretari si accucciano ai piedi del padrone di turno, perché se hanno un po’ di dignità vengono rispediti a casa senza tante storie. La lingua sarda è trattata alla stregua del giorno della memoria, i petrolieri producono energia elettrica sul nostro territorio da avanzi di idrocarburi e noi paghiamo le tasse aggiuntive sulle fonti energetiche pulite; ci fanno i contratti della continuità territoriale e andare a Bologna costa più che recarsi a Londra o a Stoccolma. E poi, i libri scolastici sembrano scritti in un Paese che non conosce nemmeno l’esistenza della Sardegna, i militari la fanno da padroni e i fabici sardi non possono nemmeno arruolarsi nell’esercito, gli agricoltori sono allo sbando, i consorzi industriali servono più che altro a pagare profumatamente alti funzionari di partito, lo stesso vale per gli enti e strutture similari. Il turismo dipende dai capricci del Principe, il Consiglio regionale è guidato da una persona sotto processo, che noi ci auguriamo sinceramente innocente, ma che non ha avuto il buon gusto di dimettersi per affrontare la sua disavventura giudiziaria da semplice cittadino, le province si moltiplicano per moltiplicare i funzionari di partito, la Sardegna si riempirà di carceri per diventare nuovamente terra di confino. Scusate, sapete dirmi davvero se il Partito Sardo d’Azione c’è o non c’è? Paolo Buzzanca |