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Rubrica bassa cucina
... e io Soru lo rivoto.
(Giampiero Muroni) per gentile oncessione di Sardegna Ventirighe
So che ogni volta che si vota c'è qualcuno – in genere candidato – che dice che quella volta lì è la più importante di tutte, che tutto si deciderà in quel momento, la svolta definitiva o il ripiombo nel passato; che il destino di tutto dipende dal risultato delle elezioni in una sorta di roulette al cardiopalma: o si sbanca oppure tutto sarà perduto.
In genere succede che le elezioni passano, qualcosa cambia, qualcosa meno – qualcuno mai – però stavolta qualche ragione ce l'avranno, le cassandre della “scelta epocale”, poiché un paio di elementi fanno delle prossime Regionali sarde un appuntamento affatto inedito e significativo anche in piano nazionale.
La prima esperienza di governo soriano, tutta piena di grandi amori, delusioni, tradimenti e rabbiose separazioni, ha reso questa legislatura più spumeggiante di un feuilleton, appassionante come solo certo teatro sa essere, per finire, coerentemente, con un colpo di scena magistrale, in cui suspense e sorpresa si rincorrono a vicenda, anche dopo le dimissioni, nell'attesa di conoscere le alleanze, o le liste.
Capocomico inarrivabile è stato finora il presidente Soru, capace di decidere e imporre temi e tempi con una maestria non immaginabile in chi continua a dipingersi come un imprenditore prestato alla politica.
Ad oggi, infatti, il centrodestra si trova nelle condizioni di dover convincere il proprio elettorato di esistere ancora, di non essersi liquefatto nella polemica costante (e perdente) verso Soru in cui l'ha condotto l'incauto Pili per quattro anni, e a queste elezioni si affida peraltro ad un fiduciario di seconda generazione del Premier, una figura certo nuova, ma poco nota.
Il PD, peraltro, è stato sorpreso dalle dimissioni di Soru in uno dei momenti più convulsi (e bassi) della propria storia recente, in cui questione morale, dissidi interni, assenza di leadership e totale mancanza di attrattiva lo chiudono in una crisi che lo consegna legato mani e piedi ai voleri del Governatore.
Il resto è niente o quasi, purtroppo, con i socialisti che decidono di votarsi all’opposizione in nome di cosa non l’ha capito nessuno, una sinistra che ha dedicato tutto il proprio antagonismo alle vicende interne e i sardisti che, rifattisi il look con la new entry Maninchedda, rispolverano l’indipendentismo e si candidano a rappresentare gli “affamati” (qualcuno li svegli e gli dica in che secolo siamo).
Bene ha fatto quindi Soru a costruire le prossime elezioni regionali come un referendum proprio su di sé, in cui i sardi siano chiamati a esprimersi sì sui quattro anni appena trascorsi, ma anche su quel “progetto di Sardegna” che Soru appare l'unico in grado di tratteggiare e comunicare e che sta esattamente agli antipodi dell’ideologia, per cui tra l’altro egli non possiede né la storia né il rigore.
Perché è vero che ciascuno di noi valuterà, prima di votare, se sia il caso di ridare fiducia a un presidente che si libera dei propri assessori con sospetta rapidità, che dà ai bilanci regionali un’interpretazione molto “imprenditoriale”, che talvolta pare porre i mezzi in subordine rispetto ai fini; così come ciascuno di noi darà il peso che vorrà all'opera di risanamento di una sanità violentata dai precedenti governi regionali, allo smantellamento della base americana de La Maddalena, alle sforbiciate inferte ai mille centri di sottogoverno inutili di cui la Sardegna si era generosamente dotata.
Ciascuno di noi esprimerà quindi un giudizio sull'operato della prima giunta Soru, ma pure voterà avendo ben presente le prospettive ed i valori della possibile seconda, i suoi obiettivi ed i suoi limiti, certo, ma soprattutto il suo significato. Perché la novità imposta da Soru a questa competizione è lo scontro su due terreni paralleli: quello concreto dell'amministrazione, in cui la sua esperienza passata ha mostrato grandi luci e notevoli ombre, e quello comunicativo e valoriale, in cui Soru straccia gli avversari (e gli alleati) dieci a uno.
Senza cadere nel provinciale “obamismo” che ci affligge da mesi, è innegabile che Soru abbia la capacità di trasmettere un messaggio che va al di là delle parole che dice, della politica che esprime, e di collegarsi direttamente alle persone, alle loro ragioni, di dialogare con i propri elettori ad un livello inagibile ai suoi attuali avversari (ed alleati).
Per questo Soru è già oggi uno dei principali dirigenti nazionali del PD: perché in un'Italia alle soglie del federalismo (qualcuno svegli i sardisti e glielo dica) è uno dei pochi leader che dalla propria periferia sa essere centrale, significativo, punto di riferimento generale. Le sue apparizioni strategiche sulla TV delle scorse settimane hanno bucato il video, le sue pause ricordavano il Craxi del 1978, il suo giudizio su Gasparri: “è un politico di cui non ho alcuna stima” è semplicemente da standing ovation.
È insomma un leader che parla al cuore delle persone, oltre che al loro cervello, libero dai paludamenti di tutti gli “-ismi” di cui il PD è stato finora necrofilo custode, eppure capace (anzi: perciò capace) di andare oltre il messaggio della “buona amministrazione” che ha distinto ed esaurito l'immagine del centrosinistra italiano degli ultimi lustri.
Soru è ascrivibile alla sinistra pur essendo un liberale per molti versi tetragono, è un laico che non nasconde né sbandiera la sua fede, parla di diritti collettivi ma esalta l'azione degli individui: in un parola è moderno, vi pare poco?
Esisterà sicuramente da qualche parte un politico che tenga in maggior conto le procedure burocratiche, più capace a scegliersi i collaboratori più stretti, migliore ad apprezzare chi la pensi in maniera diversa, ma sarà difficile trovarne uno, di qui al 15 febbraio, che possa dare più di lui alla Sardegna il senso del proprio ruolo politico nazionale, capace di fare vertenze con lo Stato senza doverci sempre considerare vittime dei maneggi continentali (e che palle!), di fare riforme vere, che si vedono e dividono, anziché galleggiare a vista.
Se siete bravi trovatelo e fatemelo conoscere, ma fate in fretta; sennò il 15 febbraio io Soru lo rivoto.
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