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Rubrica Storie di letti
Alchimia e architettura – Un percorso tra le ville settecentesche di Bagheria – Eugenio Maria Falcone editore - Euro 23
di Rosanna Balistreri
(Paolo Buzzanca)
È difficile immaginare Bagheria senza un metro quadro di abusi edilizi, o senza l’universale disordine del suo sviluppo urbano, radicalmente legato alle delinquenze mafiose e politiche.
Anni fa osservavo lo scempio dalla terrazza di un mio amico e mi chiedevo se, oltre al caso, potesse esistere altra ragione per cui tanta gente normale vivesse in quelle case aggrovigliate le une alle altre. E, tutte, protese a distruggere il passato, occupandone i luoghi o asfissiandone le ultime testimonianze. Se dovessi pensare ad una periferia-mostro, Bagheria sarebbe subito lì, candidata al primato.
Ma… decontestualizzare per sopravvivere, questa è la debole forza degli intellettuali siciliani, che non hanno saputo cogliere il filo semplice che unisce normale e anormale, per cui sempre occorre cancellare, riscrivere. A meno che non ci si chiami Sciascia, Pirandello o De Roberto.
Dunque dimenticate Bagheria e andate a vedere le sue ville. Resterete stupiti dalla dissonanza, non solo fra il paesaggio e l’architettura, ma anche fra l’esterno e l’interno. è come passare accanto ad un cassonetto della spazzatura o ad una siepe di gelsomino. Del resto, la Sicilia è un po’ tutta così.
L’alchimia a questo punto potrebbe diventare una metafora di quella riduzione alla semplicità, di quel raggiungimento dell’armonia, che i Siciliani hanno conosciuto soltanto attraverso la fantasia, o, se preferite, l’arte. Ragione per la quale diventa fondamentale disquisire, a proposito delle raffigurazioni di Villa Palagonia, se il canto non sia forma più perfetta della musica realizzata con l’aiuto degli strumenti. E apprendiamo, non poco stupiti – ma a che cosa miravano questi nostri illustri predecessori se non a stupire noi poveri mortali? – che il canto si origina dall’imitazione della natura – ed appartiene pertanto alla sfera delle nostre attività più elevate, mentre lo strumento, essendo estraneo al corpo, quindi altro dall’uomo, “appartiene alla sfera degli inferi”.
In poche parole, la tesi di Rosanna Balistreri, perfettamente argomentata, ma forse non portata fino alle sue più compiute conseguenze, è che le decorazioni delle Ville di Bagheria, non sono semplici decorazioni, ma un sofisticato vocabolario del linguaggio alchemico, o meglio un metalinguaggio alla cui comprensione si arriva soltanto attraverso la decifrazione dei simboli. Si veda a tal proposito la connessione fra le statue “poste sul cornicione di coronamento del corpo centrale di villa Valguarnera”- che rappresentano Mercurio, Apollo, Nettuno, Giove, Ganimede ed Ercole – ed il processo alchemico.
Da questo punto di vista, Rosanna Balistreri mette sapientemente in comunicazione due mondi apparentemente estranei, quello dell’alchimia e quello dell’arte, trovando nelle raffigurazioni – specialmente in quelle mitologiche, un passaggio segreto, scoprendo veli sottilissimi e simbologie inedite.
Dal punto di vista della confezione, al libro non manca proprio nulla. Documentatissimo e dottissimo, sia per quanto attiene al linguaggio alchemico, al quale riesce ad introdurre noi profani, sia per le discipline storico-artistiche, tanto per cominciare. Raffinato, quasi un gioiello, impreziosito ancor più da una raccolta di foto di Fosco Maraini, introdotte da due pagine nere in cui brilla come filtrato da uno spiraglio il nome del fotografo. Foto degne dei soggetti, bellissimi in sé, ma ancor più belli perché colti dall’occhio di un innamorato.
Di questo libro, proprio per i tempi che corrono, mi dispiace una cosa: il ringraziamento al principe Tal dei Tali, non certo per la persona, che immagino straordinaria, ma per il titolo, che in questa fottutissima repubblica continuiamo a far sopravvivere, come se non avessimo defenestrato una monarchia ed approvato una costituzione. Ma, in fin dei conti, anche questo è molto Sicilia.
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