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Rubrica Lastrico solare
I turisti di Ankor
(Paolo Buzzanca)
Al tramonto lo spettacolo non lascia spazio se non a sensazioni bellissime, ma durante il giorno ti rode dentro una rabbia continua, un mal di ventre che spinge ad essere rozzo e scortese, a maledire il momento in cui ti sei lasciato intruppare in un'indigestione archeologica.
Le tenere pietre di Ankor non hanno voce. Le calpestano costosi scarponi occidentali, scarpette in pelle leggera dell'estremo oriente, tacchi a spillo di insensate fanciulle che forse sperano di trovare qui l'amore della loro vita. Calpestare le tenere pietre di Ankor è un'attività frenetica a cui nessuno si sottrae e che non disturba nessuno, a parte le pietre. Non ci sono percorsi obbligati, passerelle in legno, se non pochissimi, divieti di accesso, pochissimi.
Alcuni cartelli avvisano: non sedetevi sui monumenti. Infatti pochi ci si siedono, molti ci si arrampicano. Le guide, che dovrebbero controllare un tantino, si offrono per scattare le foto più audaci.
Per le giapponesine, che hanno tanto il senso dell'armonia, lo sport preferito consiste nel farsi incorniciare in preziosissime finestre, sedute sul davanzale, a traverso, la bocca sulle ginocchia.
La finestra piace anche a fotografi, signorotti anziani e volti rubicondi. Ma non è il massimo. Qualche gruppo sta facendo picnic in un angolo non troppo appartato, tanto per suscitare la gelosia di quelli che siamo usciti all'alba, e tra fame e rabbia, abbiamo un vulcano nello stomaco.
L'arrampicata è il massimo, specie se riesce a toccare vette alpine. Certo, dopo è dura, ed occorre trovare un buon letto, con tanto di fidanzatina premurosa che ti immortala nella posa dell'eroe stanco.
I turisti sono migliaia e migliaia ed il cattivo esempio dilaga, come pure la disattenzione di chi dovrebbe controllare. Uno dei posti più preziosi della terra rischia rapido deterioramento se una classe dirigente locale non acquisisce le competenze per gestirlo a dovere. Forse l'Italietta piccola piccola che da queste parti non compare per niente, ma che tante competenze ha in materia di conservazione di beni culturali, qualcosa potrebbe fare, anche meglio della Cina e dell'India, che pure qui sono presenti con le loro missioni.
Ripeto, le tenere pietre di Ankor non hanno voce.
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