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Rubrica bassa cucina

Sul Piano Urbanistico della Città, “la borghesia sassarese”, è in prudente silenzio!
(Giampiero Muroni)

La scelta di Legambiente e dell’Università di Sassari di dedicare un incontro al tema “caldo” dell’urbanistica appare quanto mai opportuno, in considerazione dei prossimi passaggi in Consiglio comunale delle revisioni richieste dall’Ufficio tecnico regionale al PUC approvato l’anno scorso e delle polemiche su alcuni recenti interventi edilizi addebitati all’applicazione del “Piano casa”.

E l’opportunità nasce dal fatto che questo convegno contribuisce a colmare un vuoto nel dibattito sull’argomento. Alla vigilia delle scorse elezioni amministrative l’associazione LibertAria Sassari Viva aveva in realtà promosso un incontro sulle modifiche dovute del PUC e vi avevano partecipato voci competenti della maggioranza e dell’opposizione.

In questi mesi, poi, non hanno mancato di continuare a far sentire la propria voce i comitati di quartiere sorti a difesa di alcuni spazi messi in pericolo dalle scelte urbanistiche adottate – penso soprattutto all’area dell’ex Orto botanico del Meridda – dimostrando che la rappresentanza degli interessi di una comunità non deriva certo dal fatto di essere eletti in una circoscrizione.

E del resto non si può certo dire che la politica non si sia espressa sul tema, visti gli interventi, spesso accesi, in Consiglio comunale e sui giornali sul tema delle scelte urbanistiche locali.

Ciò che è mancata invece è stata la voce della società sulle conseguenze in città di tali scelte ed in particolare di quel pezzo di società maggiormente deputata alla custodia e alla tutela dei beni immateriali cittadini che è la “borghesia sassarese”, quella che si vanta di aver dato i natali a uomini di lettere e cultura, di politica e di ingegno, ma che di fronte a questi argomenti è finora restata, tranne lodevoli eccezioni, in un silenzio toppo prudente.

Che l’edilizia sia l’industria dominante nel territorio, anche per l’assenza di alternative, e che quindi muova interessi cui la politica non può restare sorda, è un po’ scoprire l’acqua calda; così come è pacifico che chi amministri abbia a contemperare gli interessi divergenti di varie categorie di cittadini, che nel caso sono i proprietari delle aree, gli imprenditori edili, i lavoratori del settore.

Fare politica vuol dire costruire compromessi tra esigenze differenti, senza scordare mai che il consenso si basa anche sull'economia che si riesce a mettere in moto, soprattutto di questi tempi. L’interesse rimasto orfano è stato però quello della difesa della bellezza e della memoria della città, che dovrebbe essere coperto dai rappresentanti di quella classe sociale tenuta a bilanciare le legittime richieste di profitto e di salario provenienti da altre categorie di cittadini.

Di fronte alla politica che deve decidere, assumendosene le responsabilità, in pratica una sedia è rimasta vuota ed era quella destinata alla borghesia intellettuale e “illuminata” che avrebbe dovuto parlare a nome di un’identità cittadina e la cui voce è invece rimasta flebile.

In molti momenti della storia recente cittadina in cui Sassari ha vissuto le tensioni alla modifica del proprio assetto – e mi riferisco agli anni dell’inurbazione, della costruzione dei nuovi quartieri popolari, della mattanza delle ville liberty, del sacco di Monserrato – la voce di chi aveva titolo a chiedere la salvaguardia della memoria della città non si è alzata tanto quanto sarebbe stato opportuno. E talvolta, purtroppo, perché le stesse persone che dovevano ricoprire quel ruolo sociale erano anche proprietari delle aree interessate ai piani di sviluppo, o imprenditori che quello sviluppo avrebbero attuato, o professionisti coinvolti nelle scelte amministrative.

Molti intellettuali sassaresi hanno inteso il proprio ruolo contentandosi di ammonire severamente gli interventi scriteriati della politica nazionale – e quante occasioni ne hanno avuto! – senza però fare discendere sul piano locale i corollari conseguenti, quando anche le decisioni domestiche erano figlie della stessa logica.

Tempo fa un concittadino che aveva ricoperto un alto incarico istituzionale disse che Sassari aveva bisogno di un risveglio che la scuotesse dal torpore che viveva; allora molti applaudirono, ma non ci fu nessuna “sollevazione” di riscontro.

Dubito che quelle parole fossero rivolte ai politici: chiamavano ad alzarsi in piedi chi non ha bisogno di un mandato elettorale per parlare in pubblico, chi può restituire con l’impegno civico l’onore individuale che gli viene riconosciuto dai suoi studi.

È per questo che il convegno del 18 Marzo va salutato insieme come un’ottima notizia e un’occasione da non perdere.

Se da parte della borghesia cittadina non scatterà un “orgoglio di classe” che le faccia ricordare il ruolo sociale che deve ricoprire, se la cultura non rivendicherà un primato nei confronti della politica, tutti i discorsi sul rispetto per la città e i suoi equilibri architettonici non riusciranno a influire sulle scelte urbanistiche in corso.



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