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Rubrica bassa cucina
I forzati dell'ordine
(Paolo Buzzanca)
Alle ore 9.00 nella centrale radio di un piccolo corpo di polizia locale (sorella povera dei non ricchi corpi istituzionali) giunge una banalissima telefonata: segnala un’aggressione ad una donna in un quartiere popolare di una cittadina dell’hinterland milanese.
Interviene una pattuglia composta da due agenti che accertano che in effetti una donna apparentemente di origine orientale era stata aggredita e percossa da due uomini che si erano poi dati alla fuga.
La prima preoccupazione è stata di verificare le condizioni della donna, la quale fortunatamente non necessitava di ricovero. Tuttavia a questo punto inizia la via crucis e della donna e degli agenti intervenuti sul posto.
Alla richiesta di documenti la signora, che non parlava italiano, risultava sprovvista di qualsiasi certificato di identificazione né era in grado di comprendere, né di farsi comprendere.
Inizia così la procedura per l’applicazione delle norme contro l’immigrazione clandestina e per l’eventuale allontanamento dal territorio nazionale.
Punto primo: occorre individuare la provenienza e procedere ad identificazione certa.
Si accompagna l’immigrata al locale comando; sentendo il pubblico ministero si procede alla stesura del primo verbale di accompagnamento per identificazione.
Avendo intuito che trattasi di persona di origine cinese occorre fa r lavorare la fantasia per trovare un interprete. Non esistendo tale figura fra quelle in carico al comando, si pensa di far ricorso al gestore di un ristorante cinese. Naturalmente occorre fare pressioni, anche se lecite, sul ristoratore il quale non è assolutamente felice di dover abbandonare il suo locale per svolgere un lavoro non retribuito.
Pur tuttavia acconsente a titolo di cortesia e si reca al comando dove viene nominato ausiliario di P.G.. Si può così dare inizio alla stesura del verbale n. 2. Si riesce a sapere che la donna in questione svolge attività di prostituzione ed a conoscere con relativa approssimazione nome e cognome.
Ottenuti questi dati, si passa alla verifica della loro autenticità. Per tale motivo si fa l’accompagnamento in Questura centrale per procedere ai rilievi fotodattiloscopici e relativa comparazione. Si giunge in Questura intorno alle dodici e mezza. Fino a questo punto sono state impiegate tre persone con un mezzo. Stesse persone, tra cui un agente donna vengono impiegate per l’accompagnamento in Questura centrale.
Per accompagnare in Questura è necessario redigere altri due verbali, uno di accompagnamento ed uno di richiesta di rilievi. E sono quattro.
Qui si fa la fila. Le operazioni di identificazione vengono ultimate intorno alle ore 20. Dalle operazioni è emerso che la donna circa due mesi prima era stata destinataria di un ordine di allontanamento dal territorio nazionale perché sprovvista di permesso di soggiorno.
In questi casi l’attuale normativa tanto decantata dal ministro Maroni prevede l’arresto immediato ed il processo per direttissima.
A questo punto in Questura la donna viene riconsegnata agli agenti della polizia locale che hanno operato il fermo. Spetta a questi la grana di trasformare il fermo in arresto e procedere agli atti conseguenti.
Comincia pertanto il viaggio di ritorno dalla Questura centrale (cioè quella di Milano) al comando locale che dura circa due ore: impegnati sempre un mezzo e tre persone. Qui giunti, le persone iche devono redigere gli atti dovuti e tenere in consegna l’arrestata sono cinque. Nel frattempo l’arrestata veniva rifocillata a spese dei singoli agenti con merendine e bevande prese dai distributori automatici.
Si fa il verbale d’arresto, verbale di identificazione ed elezione di domicilio. Siamo a sei.
Viene naturalmente nominato un avvocato d’ufficio reperito attraverso un call center il quale viene avvisato dei fatti e gli si invia tramite fax copia dei verbali. Naturalmente, visto il patrocinio gratuito, l’avvocato è pagato dai contribuenti.
Piccolo particolare: le polizie municipali, a causa delle loro funzioni, non hanno celle di detenzione nelle loro sedi, né, come abbiamo visto, strumentazioni idonee per procedere ai rilievi dattiloscopici e collegamenti informatici per effettuare la comparazione.
A questo punto bisogna trovare una cella di sicurezza per la detenuta. Si sentono nell’ordine due caserme di carabinieri, tre case circondariali, che non hanno posto, e si ottiene una risposta positiva al sesto tentativo. Sono le ore 24. Le persone impegnate sono ancora cinque.
A questo punto occorre procedere all’accompagnamento in carcere dell’arrestata: vengono compilati ulteriori due verbali, uno di accompagnamento, l’altro per la consegna dell’arrestata. Siamo a otto.
Viene sentito il magistrato e lo si informa di tutto quanto è stato fatto. Il magistrato fissa l’udienza per direttissima il giorno successivo alle 16. Si accompagna le detenuta in carcere e con tre agenti ed un mezzo e si rientra alle 2.
Mattino successivo. Un agente ed un mezzo deve recarsi al tribunale di competenza per consegnare tutti gli atti redatti insieme ad una relazione dell’accaduto.
Alle 16 un cellulare della polizia penitenziaria con un equipaggio di tre persone procede a portare l’arrestata davanti al giudice. Un ufficiale ed un agente donna della polizia locale si recano in tribunale con un mezzo dell’ufficio per la presentazione dell’indagata e relazionare al giudice in merito ai fatti accaduti.
Al momento del processo non è più presente il ristoratore cinese che aveva fornito a titolo gratuito la sua competenza e quindi viene nominato un interprete, questa volta retribuito con pubblico danaro, per assistere l’imputata.
Svolto il processo che sarà durato una mezz’ora, perché si procede secondo formule standard, compresa la sentenza, si arriva ad una condanna che non supera i sei mesi di detenzione, con la condizionale.
Nello stesso tempo il giudice trasmette gli atti al questore che dovrà emettere un nuovo provvedimento di allontanamento da notificare alla clandestina.
Non si può trattenere presso i centri di permanenza in attesa dell’espulsione per mancanza di posti e quindi viene chiesto a quale domicilio si dovrà notificare l’atto.
Il giudice chiede all’avvocato se l’imputata abbia deciso di eleggere domicilio presso il suo studio. L’avvocato comunica che il rapporto con la cliente si estingue in quel momento stesso.
A questo punto si chiede alla condannata dove vuole che le vengano inviati gli atti. La signora fornisce immediatamente un domicilio di un qualsiasi paese dove non ha residenza, che non le viene concessa perché non ha permesso di soggiorno e dove farà di tutto per non farsi trovare al momento della consegna.
Probabilmente sarà destinata ad incappare in un’altra pattuglia e a ripercorrere un iter giudiziario che in questo caso la porterebbe in carcere perché non potrebbe più beneficiare della condizionale.
Resoconto delle ore e delle persone impiegate: tre persone dalle 9 alle venti, con un mezzo, per un subtotale di ore 33. Cinque persone dalle 20 alle 2, che fanno 30 ore; una persona ed un mezzo per 2 ore la mattina in tribunale; 2 persone ed un mezzo per 2 ore in tribunale per il processo (quattro ore); almeno 12 ore per gli agenti penitenziari che hanno accompagnato la detenuta in tribunale.
Totale: 81 ore di servizio di pubblici agenti.
Costo: le ore lavorative valgono almeno venti euro: quindi un totale di euro 1600.
A queste vanno aggiunte le spese per i mezzi, dell’avvocato, dell’interprete, del processo, non strettamente quantificabili.
Una domanda: questi agenti, quando e come verranno pagati, visto che gli straordinari sono a carico di comuni che versano in gravissimo deficit? Il corpo di vigili urbani del comune del quale stiamo raccontando, ha destinato un budget di 5.000 euro per tutto l’anno 2009.
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Commento l'assurdo della giustizia italiana, un vero girotondo di norme inapplicabili o se applicate che non danno nessun risultato. Ero presente all'iter di questa procedura. Viva l'Italia.
Carmy