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Rubrica Finestre
Prima finalità della scuola in Sardegna:
“FAR RICONOSCERE AI SARDI CHE LO SONO”
(Piero Atzori)
per gentile concessione di www.urn-indipendentzia.com
Attualmente la scuola continua a sfornare giovani mediamente poco competitivi in campo europeo.
Per far funzionare la scuola a vantaggio dell’isola, ossia per implementare la nazione sarda, occorre una mobilitazione generale, senza blocchi ideologici, o di parte. Occorre cioè rifare daccapo la scuola, a nostro genio, affinché diventi sarda, giacché non possiamo più rinunciare alla nostra identità millenaria.
La scuola d’inizio millennio in Sardegna si caratterizza per:
E’ bene esserne coscienti di questa situazione, per potervi porre rimedio e per stabilire un’adeguata linea d’azione che porti a costruire una scuola in funzione della crescita umana e culturale dei sardi. Nell’attuale prassi quotidiana, il governo della scuola, a tutti i livelli, continua a ritenere secondario e marginale tutto ciò che può nutrire l’identità del popolo sardo. Questo dato, desunto dalla mia esperienza quotidiana di docente di scuola secondaria, non cambia se consideriamo i rari, più o meno riusciti tentativi di docenti volenterosi di piegare il pachiderma scuola alle esigenze sacrosante dell’isola.
E’ chiaro che se i sardi vogliamo riprendere il cammino del riscatto sociale ed economico, se vogliamo affermarci in Europa e nel mondo in quanto Sardi, allora dobbiamo mettere mano alla scuola pubblica e, più in generale, all’istruzione e alla formazione professionale. Non possiamo più accettare che la nostra crescita umana, culturale ed economica debba per forza passare per la cancellazione della nostra identità. Questo miope ricatto i sardi lo stanno subendo da fin troppo tempo, tant’è che da generazioni – va detto con la massima riverenza verso le generazioni che, nel ‘900, hanno vissuto guerre catastrofiche - molti genitori non hanno ritenuto e non ritengono doveroso tramandare ai figli la Lingua, la Cultura e la Storia dei padri.
Adesso spetta a noi, sicuramente più fortunati dei nostri genitori, affrontare le attuali sfide e combattere le necessarie battaglie per affermarci come Sardi. E sia ben chiaro, non intendo un’affermazione individuale – questo già avviene – intendo l’affermazione della Nazione sarda.
Il primo problema che finalmente la scuola in Sardegna dovrà affrontare è dunque quello di “far riconoscere ai sardi che lo sono”, come giustamente suggeriva Francesco Cossiga nel 60° della Costituzione.
In una scuola rifatta a nostro genio, potremo finalmente riflettere con i ragazzi sull’amichevole rimprovero che Maurice Le Lannou ci rivolse nel 1950 (Ichnusa n.4, 1950). In seguito alla domanda “Che venite a vedere in Sardegna? Non c’è niente da vedere”, che diversi studenti sardi rivolsero ai suoi allievi francesi di Lione.
Le Lannou ci sollecita a più riprese a rendere giustizia alla nostra terra e ci invita a superare il complesso d’inferiorità che ci fa dare peso alle leggende dei “maligni e ingiusti oppressori” di cui parla l’Azuni.
Il testo “Pastori e contadini di Sardegna” del geografo Maurice Le Lannou deve entrare a scuola insieme a tanti altri classici fondamentali, sulla Geografia, sulla Storia, sulla Letteratura, sulle Tradizioni popolari, sulla Musica, ecc., per essere usato per la crescita culturale delle giovani generazioni.
Insegnamento del sardo nelle scuole di ogni ordine e grado
Il divieto tassativo dell’uso del sardo nelle aule scolastiche, durato fino a poco tempo fa, che partiva, nel migliore dei casi, dall’idea erronea che l’uso del sardo impediva il corretto apprendimento dell’italiano, è dunque definitivamente rimosso. In realtà noi sappiamo benissimo che dietro questo “errore” didattico e pedagogico si nascondeva una vera e propria discriminazione a nostro danno (discriminazione che in questo periodo continua, ad esempio, a concretizzarsi con la pervicace negazione della sacrosanta rappresentanza sarda in Europa), ma il problema adesso lo si sta superando. Il muro sta crollando, è ormai venuto il momento di porre rimedio all’azione di annientamento dell’identità sarda condotta dalla scuola pre e postunitaria.
I tempi paiono maturi per inserire nell’orario curricolare, all’interno delle varie discipline e anche in ore proprie, la Lingua e la Storia della Sardegna, ma per riuscire occorre far fronte comune.
Per quanto riguarda in particolare l’insegnamento del sardo nella scuola, si pone il problema di certificare le competenze degli insegnanti. Come ha recentemente sostenuto il linguista Roberto Bolognesi, anch’io credo che le scuole autonome si possano collegare per organizzare corsi di formazione di lingua sarda di livello internazionale, con certificazioni basate su prove di valutazione di livello internazionale, come accade ad esempio per l’inglese e il francese.
Questa mia preoccupazione deriva dalla legittima paura dei titoli fasulli che potrebbero distribuirsi in modo clientelare. Occorre tenere fuori dalla gestione dei corsi di formazione e dalla certificazione di questi titoli i partiti e i sindacati. A questi vanno solo le linee di indirizzo.
La questione dello spopolamento e dell’esigenza di garantire la scuola nei paesi.
Ho avuto modo in vari blog di criticare la superficialità e direi il taglio demagogico di programmi elettorali di partiti come il psd’az , che chiedono “una scuola per ogni paese della Sardegna”, anche per i piccoli paesi dove non nascono più bambini.
Per dar modo di inquadrare nei giusti termini il problema del dimensionamento scolastico, anche in un ottica di risparmi - finalizzati, ben inteso -, a reperire risorse da destinare al miglioramento della qualità della scuola, ripropongo qui il mio punto di vista.
Faccio l’esempio di Aidomaggiore (OR), 542 abitanti. Si tenga ben presente che esistono in Sardegna 40 Comuni più piccoli di Aidomaggiore, di cui sedici hanno meno di 300 abitanti.
Lo scorso anno scolastico la scuola primaria di Aidomaggiore garantiva le esigenze formative di 14 alunni, divisi in due pluriclassi (pluriclasse significa un insieme di alunni di prima, di seconda, terza, quarta e quinta elementare). I Comuni dotati di scuola primaria più vicina sono: Borore (7,5 Km), Sedilo (9 Km), Norbello (8 Km), Ghilarza (10km). Si tratta dunque di un comune piuttosto isolato, ma, in ogni caso, le distanze sono percorribili in meno di un quarto d’ora (dati tratti dalla rivista Tuttoscuola).
Dal punto di vista pedagogico non credo sia opportuno tenere isolati i bambini di Aidomaggiore dai loro coetanei dei paesi vicini anche nelle ore antimeridiane, lo sono già abbastanza al pomeriggio e alla sera.
Aidomaggiore è solo uno tra i tanti esempi. Potrei citare ad esempio anche il caso della Planargia, che nel raggio di pochi chilometri vede comuni piccoli come Flussio, Magomadas, Sennariolo, Tinnura.
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