Il Tamburino Sardo


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semi di pace

Rubrica Finestre

E se ripartissimo dall'equo e solidale?
(Paolo Lisca)

Un grido d'allarme, ma anche vie praticabili, partono dall'incontro riservato alle scuole dal titolo “Acqua, Aria, Terra, Fuoco”, tenutosi di recente all'Istituto Euromediterraneo di Tempio Pausania.

Siamo proprio di fronte ad un bivio: la disfatta sociale e ambientale oppure la salvezza del pianeta. Nella prima ipotesi, possiamo continuare a saccheggiare il pianeta e sfruttare gli altri popoli. Per dare invece un futuro all'umanità “occorre costruire un'altra società fondata su altre regole economiche e un altro stile di vita. Ma bisogna farlo in fretta, perché il tempo stringe”.

Quasi un manifesto, quello presentato ai giovani della globalizzazione ormai a regime, dei cellulari hi-tech (molto usati in sala), dei videogiochi e di facebook. La generazione che trova ormai normale spiare un gruppo di persone rinchiuso in una casa o su un'isola, che non ha ricevuto stimoli che andassero in senso contrario.

Compito difficile per i relatori, Nanni Salio, presidente del “Centro Sereno Regis” di Torino, da sempre in prima linea nella ricerca e l'educazione alla pace e alla sostenibilità ambientale, affiancato da Teresa Piras, del “Centro Sperimentazione Autosviluppo” di Iglesias. Un programma nutrito, però, ricco di spunti adatti ad una riflessione su vari fronti. Organizzato dall'Associazione “Nord-Sud-La Bottega del Mondo”, animata da Maria Erminia Satta, Rosanna Gatto e Rino Leoni, in collaborazione con altre associazioni no-profit cittadine, l'incontro costituiva la seconda fase del più ampio progetto “Semi di Pace 2008-2009”, avviato nel novembre scorso per contribuire alla conoscenza di tematiche relative all'educazione all'interculturalità, alla pace, alla trasformazione nonviolenta dei conflitti, a modelli di sviluppo ecocompatibile, al rispetto dell'ambiente.

Spesso i filmati e la multimedialità sono più eloquenti ed efficaci di qualunque discorso, soprattutto nel confronto con una platea di giovani. I messaggi sono stati filtrati dunque attraverso la proiezione di alcuni video.

A cominciare dal film di animazione “L'uomo che piantava gli alberi”, vincitore del Premio Oscar nel 1988, un apologo significativo tratto dall'omonimo racconto di Jean Giono. Nel 1913, l'autore, mentre attraversava una regione delle Alpi particolarmente desolata e desertica, abitata da popolazioni incattivite e imbarbarite per influenza dell'ambiente, incontrò una persona che non avrebbe più dimenticato. Un pastore silenzioso e burbero che in solitudine realizzava un grandioso progetto: ogni giorno piantava cento alberi. Nel corso degli anni Giono, tornato più volte a trovarlo, assistette ammirato alla nascita di una vasta e rigogliosa foresta creata da un unico, semplice uomo che aveva “saputo portare a buon fine un'opera degna di Dio". E notò anche il cambiamento degli abitanti del posto, diventati, da rozzi e violenti che erano, operosi e cordiali. Evidente il significato: un piccolo gesto di altruismo può contribuire a cambiare il mondo. Senza aspettare che qualcuno lo faccia per noi, iniziamo noi stessi a preservare il pianeta, consapevoli del fatto che si può fare, che basta poco, solo un gesto. Le ghiande del piantatore di alberi, come tutti i semi che piantiamo per gli altri, daranno vita a maestose foreste a beneficio delle generazioni future. Il coraggio di lavorare con costanza per la propria felicità e quella degli altri, dedicandosi a qualcosa di utile, apre la strada a scenari di cambiamento. Una speranza alimentata dall'idea che "gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci quanto Dio in altri campi oltre che nella distruzione".

Di segno diverso, ma sempre finalizzate ad una presa di coscienza, le immagini in powerpoint della “Storia di una Rana”: la rana che, immersa in una pentola e cotta a fuoco lento, non si accorge del suo destino, se non quando è ormai troppo tardi, rappresenta una metafora efficace della condizione umana attuale, acquiescente ad ogni cambiamento quando viene proposto in forma lenta e graduale. La reazione viene meno quando tutto ci appare “normale”, anche ciò che fino a qualche anno fa avremmo rifiutato con orrore. La banalizzazione operata dal martellamento mediatico, poi, satura i cervelli e affossa le capacità critiche. Rende inoltre indifferenti gran parte delle persone nei confronti della lenta ma evidente deriva etica verso la quale ci stiamo dirigendo. Nel nome del progresso, della scienza e del profitto “si effettuano continui attacchi alle libertà individuali, alla dignità, all’integrità della natura, alla bellezza e alla gioia di vivere, lentamente ma inesorabilmente, con la costante complicità delle vittime, inconsapevoli o ormai incapaci di difendersi...” mentre “le nere previsioni per il nostro futuro, invece di suscitare reazioni e misure preventive, non fanno altro che preparare psicologicamente la gente ad accettare delle condizioni di vita decadenti, anzi drammatiche”.

E se ci pensiamo, per fare un esempio, di fronte ad un ritorno del nucleare in Italia in passato si sarebbero erette barricate. Così come anche al cospetto di fenomeni come quello di gruppi che inneggiano al ritorno del fascismo, della giustizia “fai-da-te” legalizzata dalle famigerate “ronde”, di un governo che opera inquietanti restrizioni alla libertà individuale intervenendo in una materia tanto delicata come il testamento biologico, di un assalto continuo e sconsiderato al nostro patrimonio ambientale. Possibile che tutto ciò non intacchi la nostra consapevolezza?

Interessante la testimonianza di Teresa Piras, fondatrice e presidente dell'associazione “Domus Amigas”, una Onlus operante nel sud-ovest della Sardegna dal 1999. Insieme a un gruppo di donne, Teresa ha scommesso sul suo territorio, quello disastrato del Sulcis-Iglesiente, da sempre depredato delle sue risorse minerarie, che proprio dalla dismissione delle ultime miniere, tra il '93 e il '96, ha colto l'occasione per il suo rilancio partendo dalla cultura, dalla tradizione, dalla solidarietà. Un modello di sviluppo e un nuovo stile di produzione equo e solidale, nati entrambi dalla consapevolezza dei limiti del modello precedente “che prende, prende fino ad esaurimento, incurante della terra e degli esseri umani, poi abbandona lasciando dietro di sé il disastro”. Teresa ha citato Gandhi, che parlava di “esperimenti con la verità”, e che attraverso le sue lotte puntava a portare alla luce la “verità degli esseri umani”. Da questi presupposti, il gruppo di “Domus Amigas” ha cominciato a porsi delle domande: cosa ci impedisce un reale autosviluppo che permetta l'attuazione di un'economia locale equa e sostenibile? “Vivere dei nostri campi, del nostro lavoro, del lavoro delle persone che ci stanno vicine, di quello che il territorio può produrre, pesando il meno possibile sulla terra e rispettandone gli equilibri vitali”. Iniziare ad agire sul territorio contando sulle proprie forze e non sul denaro: è stata questa la scommessa vinta da Teresa e dalle sue amiche.

Interessante il ricordo dell'esperienza nonviolenta di Nashville, negli Stati Uniti, che tutti oggi ricordano come il tempio della musica country, ma che negli anni sessanta rappresentò uno fra i più radicali esempi di segregazione razziale. I neri non potevano entrare nei locali, nelle biblioteche e in tutti quegli spazi comuni ai bianchi. In quella città, una straordinaria mobilitazione nonviolenta condusse in pochi anni a riscrivere le regole e al riscatto dei neri, senza che nessuno si facesse male. Una lezione impareggiabile di civiltà e dignità.






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